Oplontis villa di Poppea Benvenuti

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Oplontis Villa di Poppea

Benvenuti nella villa di Poppea, situata nell’antica Oplontis, oggi Torre Annunziata.

L’identificazione della città moderna con la località antica è dovuta a un’attenta lettura della Tabula Peutingeriana, mappa stradale dell’impero romano che prende il nome dall’umanista Karl Peutinger. La carta itineraria, oggi conservata a Vienna, copia medievale di una più antica carta risalente, forse, all’epoca augustea, indica, infatti, le distanze tra le varie località e pone Oplontis a tre miglia da Pompei e da Stabia e a sei miglia da Ercolano. Sulle rovine di Oplontis  è, dunque, sorta Torre Annunziata.

 

Diverse teorie cercano di spiegare l’origine del toponimo Oplontis, la più accreditata la indica

nell’errore di trascrizione del cartografo che, invece di” ob fontis”, che doveva indicare la presenza

di una fonte termale tuttora esistente, avrebbe scritto Oplontis.

Tipiche della zona vesuviana dell’epoca romana erano sia le ville “d’otium”, utilizzate come luogo

di riposo in località amene, sia le ville “rustiche”, che univano all’abitazione i locali per l’attività

produttiva. Ad Oplontis abbiamo testimonianza di entrambe le tipologie di villa; gli scavi, infatti,

hanno riportato alla luce sia la villa di Poppea, villa “d’otium”,sia la villa di Lucio Crassio

Terzo, villa “rustica” del II secolo a. C., poco distante da questa,attualmente non visitabile, ma ben nota per aver restituito i famosi “ori” di Oplontis, collane, anelli, bracciali e orecchini di pregevole fattura.

Tra i proprietari della villa che ci accingiamo a visitare c’è stata, probabilmente, anche Poppea

Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone. Lo fanno supporre alcuni reperti, quali un’anfora

con la scritta “Secundo Poppaeae” che vuol dire “A Secondo, liberto di Poppea” e un piatto in terra

sigillata recante il graffito “Secundo”. Inoltre la ricchezza, la sontuosità delle decorazioni e delle

sculture la rendono assimilabile alle case pompeiane del Menandro e degli Amorini dorati che

appartenevano alla gens Poppaea. Quando la villa fu sepolta nel 79 dall’eruzione del Vesuvio,

Poppea, aristocratica affascinante, intelligente, e decisa ad ottenere con tutti i mezzi ciò che voleva,

era già morta da tempo, uccisa da Nerone in un accesso d’ira con un calcio all’addome.

La villa, il cui primo impianto risale alla  metà del I sec. A.C., nel 79 era in fase di

ristrutturazione. Ciò spiega l’assenza di vittime, la mancanza di suppellettili comprovanti lo

svolgimento di una vita quotidiana, la collocazione di statue fuori posto.

Iniziamo ora la visita della villa, già esplorata in epoca borbonica nel 1839 ma scavata in modo

sistematico a partire dal 1964 ad opera della Soprintendenza archeologica di Napoli..

Scendendo per la scala che porta all’antico livello stradale, possiamo notare sulla destra i vari strati

di cenere e lapilli che seppellirono tutta la zona.

Ci troviamo nel giardino settentrionale (n.25) che recenti approfonditi studi ,oltre ai calchi delle

radici degli alberi, hanno consentito di riportare all’antico aspetto con quasi tutte le piante

dell’epoca,tra cui melograni e platani. I Romani amavano molto la natura e la portavano fino in casa; nella villa molti sono gli

spazi adibiti a verde dove erano coltivati sia fiori sia piante commestibili come lattughe e legumi.

Il grande salone (n.24) che si affaccia sul giardino fa parte della zona più recente  della villa risalente

alla prima metà del I sec.d.C. (epoca giulio-claudia). Questa in cui ci troviamo è la parte posteriore della villa, l’ingresso principale, situato nella parte opposta, si trova sotto al canale del Sarno, costruito alla fine del ‘500 per portare acqua ai mulini di Torre Annunziata, ed è impossibile scavarlo.

Le  colonne a terra lungo le pareti del salone supportano l’ipotesi di una ristrutturazione in atto all’epoca dell’eruzione: le vediamo infatti nella stessa posizione in cui furono sepolte.

Il  pavimento del salone presenta tessere bianche e nere con una bella decorazione tra le colone e i pilastri tra i quali dobbiamo immaginare dei cancelli che chiudevano l’ingresso.

In questa villa sono presenti tutti gli stili pittorici classificati dall’archeologo tedesco August Mau.

Il  primo stile imita lastre di marmo venato, il secondo riproduce architetture imponenti e sontuose,

scenografiche  e prospettiche, il terzo  divide la superficie da affrescare in rettangoli al centro dei

quali risaltano soggetti mitologici, il quarto riprende in maniera leggera, delicata e irreale le

architetture del secondo stile, non più a grandezza naturale.

 

Il  portico che percorriamo è affrescato in quarto stile e prosegue, come è evidente, sotto al livello

stradale. Sul tetto sono state collocate le antefisse originali dell’epoca: sono elementi di terracotta a

forma di palmette, posti a copertura delle tegole con funzione pratica e ornamentale.

Inoltrandoci nel corridoio troviamo sulla destra la stanza n.4 che, almeno nella fase edilizia iniziale,

doveva essere una camera da letto. Nel pieno rispetto della simmetria, caratteristica dell’architettura

romana, un ambiente uguale si trova dall’altro lato del salone.

Attraverso un corridoio affrescato con motivi bianchi e neri a imitazione di marmo venato e

pavimentato in coccio pesto (impasto di malta e laterizi), giungiamo ora nel grande atrio (n. 1) che si distingue per la maestosità dell’impianto accentuato dalla notevole altezza. Sul soffitto c’è l’apertura detta “compluvium” destinata a raccogliere l’acqua piovana nell’”impluvium”, la vasca al centro del pavimento circondata da un mosaico a meandro policromo. L’acqua, raccolta in una cisterna sotterranea, serviva per gli usi domestici.

Gli affreschi in II stile

pompeiano riproducono imponenti architetture realistiche e colonne in fuga prospettica, sono

simmetrici e appaiono divisi in tre parti: in basso è raffigurato un alto podio su cui poggiano, nella parte centrale,

colonne scanalate o in marmo colorato tra cui sono inseriti bruciaprofumi, candelabri, fiaccole,

porte chiuse decorate da borchie e Vittorie alate, con piccoli quadretti paesaggistici in tecnica

compendiaria sull’architrave; nella  zona superiore della decorazione, non completa, troviamo le

“imagines clipeatae”,ossia volti dipinti all’interno di scudi.

Di fronte all’atrio c’è un piccolo giardino interno con una grande finestra che si apre sul salone. Nel

giardino erano coltivate piante ornamentali e commestibili.

Proseguendo nel settore occidentale della villa entriamo nella cucina (n.2) In fondo, sul lato nord,

troviamo il banco di lavoro su cui poggiavano sostegni in ferro che reggevano le pentole, sotto, nei

piccoli vani ad arco, si riponeva la legna da ardere, a terra c’è uno sversatoio, di fronte al bancone di

cottura un soppalco fungeva da ripostiglio oppure ospitava l’addetto alla cucina. .

Uscendo, a destra troviamo gli ambienti termali (n.3-4), altro segno di ricchezza della casa,

costituiti dal “calidarium”, dal “tepidarium” e dal “frigidarium”.ll vapore che passava sotto al

pavimento, sorretto da pilastrini detti “suspensurae”, riscaldava sia il tepidarium sia il calidarium.

Quest’ultimo ambiente aveva un secondo sistema di riscaldamento, il vapore, infatti, passava anche

nell’intercapedine formata nelle pareti dalle “tegulae mammatae”.Dall’assenza del “praefurnium”

che produceva il vapore e lo immetteva attraverso tubature nelle pareti ,si ha la conferma che questi

ambienti persero l’originaria funzione termale per diventare ambienti di soggiorno.

Il calidarium è affrescato in III stile con la superficie parietale divisa in tre parti. Sulla parete

orientale, dove c’è la nicchia che doveva inizialmente contenere la vasca,è raffigurato, al centro,

“Ercole nel giardino delle Esperidi” alla ricerca dei pomi d’oro. Al di sopra, su fondo giallo,un

musico suona l’arpa tra due pavoni, e sul soffitto della nicchia, su fondo rosso, spicca una ninfa su

un toro marino. Dal calidarium si passa nel tepidarium e da questo nel frigidarium, che continua sotto alla strada.

Di fronte alle terme c’è un piccolo atrio tetrastilo con una vasca al centro della quale un pilastrino

sorreggeva una scultura con funzione di fontana.

Proseguendo ci troviamo nell’ambiente n.5, detto “sala dei pavoni”, affrescato in II stile. Sulla

parete est è raffigurato al centro un giardino con il tripode delfico poggiato su un basamento

cilindrico , ai lati un doppio colonnato prospettico con capitelli d’ordine dorico e ionico. In primo

piano, su un alto podio, poggiano quattro colonne corinzie e due pilastri. I grandi pavoni, così come

le maschere teatrali e i vari elementi decorativi, dal carattere elegante e raffinato,

dimostrano, nella cura dei particolari ,come gli affreschi siano di alta qualità.

 

 

Il tripode delfico fa pensare che il salone fosse dedicato ad Apollo. Da notare il pavimento in mosaico policromo e il calco della porta di legno che evidenzia la separazione degli ambienti.

I calchi si realizzano facendo una colata di gesso liquido nel vuoto lasciato nel terreno dal materiale organico che si è decomposto. Induritosi il gesso, si scava intorno e si ottiene la forma perfetta di ciò che la cenere aveva sepolto.

L’ambiente seguente è il triclinium (n.6), è la sala in cui si tenevano i banchetti ufficiali. Secondo la moda orientale, gli antichi Romani mangiavano sdraiati sui letti tricliniari che erano sistemati lungo le pareti, intorno al mosaico policromo che rappresentava il tappeto su cui si appoggiava la mensa imbandita. I bellissimi affreschi sono in II stile. Sulla parete nord in alto a destra è raffigurato con sorprendente realismo e interessanti sfumature cromatiche il celebre cestino con i fichi, al centro si nota una colonna che sorregge una statua raffigurante, forse, Diana, dea della caccia, a sinistra una composizione di fiori in un cesto sospeso..Sulle pareti laterali sono rappresentati simmetricamente due cancelli di ferro sovrastati da un tempietto che ospita la statua di una divinità, ai lati dei cancelli

imponenti colonne in alabastro, dorate e decorate con gemme preziose, inquadrano anfore d’argento, scudi, motivi naturalistici e vari motivi ornamentali.

Uscendo dal triclinio ci troviamo in un portico che seguiva un giardino in parte ancora sepolto.

A sinistra entriamo nel cubiculum (n.7) , camera da letto che presenta dimensioni ridotte rispetto agli ambienti visti finora. Nella stanza trovavano posto due letti sistemati sotto le nicchie le cui volte sono decorate da un motivo a cassettoni delimitato da cornici in stucco. Gli affreschi sono in II stile con strutture architettoniche meno imponenti ma con la stessa fine decorazione degli altri ambienti. Da notare la finestra semiaperta di cui è stato realizzato il calco secondo la tecnica inventata dall’archeologo Giuseppe Fiorelli.

Passiamo ora alle spalle del grande atrio dove possiamo ammirare nei dettagli gli affreschi in II stile con tutti i particolari.

Proseguiamo nel salone n.8, si tratta probabilmente di un altro triclinio, anch’esso affrescato in II stile con colonne in primo piano su un alto podio e colonnati in secondo piano nella consueta fuga prospettica.. Sulla parete ovest , sull’architrave dell’edicola centrale domina una maschera teatrale, ai lati sono collocate due bellissime anfore d’argento.Sulle pareti nord e sud sono da notare vari elementi decorativi che danno prova dell’abilità dell’artista e della sua capacità di rappresentare la natura con straordinario realismo : la coppa in vetro con le melagrane, il cesto di frutta coperto da un leggero velo trasparente, il grappolo d’uva, la torta, denominata per il suo aspetto “la cassata di Oplontis”,al centro di un vassoio poggiato su un piccolo treppiede.

Di fronte a questo salone c’è un lungo porticato (n.9) su cui si aprono numerosi ambienti di dimensioni diverse con vari tipi di decorazione in III e in IV stile. L’ultimo vano al termine del porticato presenta affreschi in IV stile con pannelli centrali raffiguranti su fondo bianco amorini e animali reali o fantastici. Doveva trattarsi di una stanza da letto .

Dal portico ci spostiamo adesso nel giardino meridionale (n.10),chiuso da tre bracci di porticato (porticus triplex), luogo di passeggio improntato a uno stretto rapporto tra natura e architettura.In corrispondenza delle colonne,scanalate nella parte superiore e lisce in quella inferiore, erano sistemate infatti delle piante, identificate grazie a recenti studi di paleobotanica in piante d’edera,che forse si arrampicavano sulle colonne stesse. La decorazione parietale è in IV stile, la zona superiore, a fondo bianco, presenta edicole, ghirlande, figure di animali. La mancanza di pavimentazione è un ulteriore indizio di lavori in corso all’epoca dell’eruzione.

Al termine del porticato ci troviamo nel corridoio di disimpegno n.11. Nel piccolo tratto che va verso la piscina è interessante notare sul lato destro un ambiente che racchiudeva il torcularium, è l’unico settore produttivo della villa, dove si produceva il vino per gli abitanti della casa. Le pitture parietali sono in IV stile e raffigurano su fondo rosso uccellini poggiati su tavolette di legno nell’atto di beccare fichi, pere, ciliegie.

Proseguendo ora per il tratto più lungo del corridoio troviamo sulla destra una sala dalla forma inconsueta, la cosiddetta sala poligonale, circondata da altri due ambienti (n.12- 13). Era forse un ambiente di soggiorno con finestra aperta sulla piscina, nel quale si notano le tracce della rimozione del pavimento per i lavori in atto. Le pareti non erano affrescate, ma ricoperte da uno zoccolo in marmo colorato. I due ambienti laterali sono collegati tra loro da un corridoio e appaiono decorati con affreschi in III e IV stile.

Percorso tutto il corridoio, ci troviamo presso la piscina, lunga m.61 e larga m.17, in parte ancora coperta. Era riempita di acqua termale, pavimentata in cocciopesto, e vi si accedeva dai gradini posti nell’angolo sud-est. Era circondata da alberi nella zona est, oleandri, limoni e platani, e ornata da sculture in marmo , tra le quali due Vittorie alate e due erme di Eracle su pilastri. Nello spazio a sud, utilizzato per prendere il sole, erano sistemati il gruppo scultoreo del Satiro con Ermafrodito e un cratere di marmo bianco con funzione di fontana. Il lato ovest presenta evidenti segni di lavori di ristrutturazione. Le pareti del porticato sono decorate in IV stile con delicate figure su fondo bianco tra cui insetti, uccelli, paesaggi in tecnica compendiaria, che dimostrano ancora una volta l’abilità del pittore. Il pavimento è mosaicato con tessere bianche alternate con tasselli di marmo colorato.

Di fronte alla piscina, al centro, c’è il grande salone n.18 , l’unico ambiente con il pavimento costituito da mattonelle di marmo (opus sectile). E’ aperto sul retro e dà sul giardino. Simmetricamente disposti ai lati del salone si aprono dei viridaria, piccoli giardini interni scoperti con aiuola centrale con piante o alberi di piccolo fusto. Sulle pareti dei viridaria sono raffigurati verdi giardini con splendide fontane, crateri decorati, sfingi, colombe e pavoni.

Ai lati dei viridaria troviamo i due saloni n.19 e 17 che hanno sulla parete ovest una nicchia semicircolare in cui era collocata una statua. Interessante nel salone n.17 il soffitto a cassettoni su cui trovano posto ancora gli stucchi dell’epoca. In fondo ai saloni c’è un piccolo corridoio che li raccorda tutti.Gli altri vani laterali, che avevano forse la funzione di camere per ospiti, erano detti”hospitalia”. Tornando all’ingresso della piscina , ci troviamo di fronte al grande corridoio che collega il nucleo più recente della villa, risalente alla metà del I sec. D.C., con la parte più antica.

Lungo il corridoio sono collocate panche in muratura sul cui uso non si è certi, forse servivano al riposo di chi accedeva alla piscina o all’attesa dei clientes riuniti per la salutatio matutina. Il soffitto appare decorato con pannelli in IV stile che presentano ghirlande, teste di Medusa, figure di animali e figure geometriche.

Alla fine del corridoio, sulla destra, c’è la latrina comune (n.21) sui cui lati era collocato un tavolato di legno con fori , usato per sedersi; il canale scavato al di sotto veniva pulito con l’acqua contenuta nell’ampia vasca quadrangolare da cui scorreva attraverso un foro. Accanto alla latrina c’è un piccolo ambiente termale, sulla parete dello stretto corridoio che collega questo settore della villa con il giardino settentrionale si legge un interessante graffito in greco “MNESTHEI  BERYLLOS”,di dubbia interpretazione, tradotto dalla maggior parte degli studiosi “Ricordati di Berillo”.

Ci spostiamo ora nel peristilio servile (n. 22) così denominato per la presenza al piano superiore di alcuni ambienti destinati alla servitù. Tali ambienti, cui si accedeva con una scala, sono andati in parte distrutti. Al centro del peristilio c’è un giardino con fontana, probabilmente ornata da una scultura, forse “il fanciullo che strozza l’oca”. Sulle pareti interne del pluteo, che è il basso muretto che unisce le colonne, sono riprodotte su fondo rosso pitture da giardino,  piante e animali. Intorno al peristilio si trovano piccoli ambienti il cui utilizzo non è ben chiaro, alcuni erano forse camere da letto, altri depositi. In uno di questi ambienti sono state conservate delle anfore vinarie provenienti, per lo più , dalla villa rustica di Lucio Crassio Terzo. Sul lato sud, accanto al breve corridoio che conduce al porticato n.9, si apre un passaggio ad un ambiente sotterraneo che non è stato possibile esplorare a causa di esalazioni mefitiche. Poteva trattarsi di una cantina o di una discesa al mare. Sul lato est del peristilio si apre il Larario (n.23), la stanza in cui erano venerati i Lari, le divinità protettrici della casa e della famiglia, in onore delle quali in tutte le case romane si organizzavano cerimonie seguite sia dai padroni sia dai servi. In alto sull’altare si può notare una parte carbonizzata dell’architrave. Le pareti di quest’ampio salone sono decorate in IV stile.

Dal Larario si esce per il corridoio a destra che ci riporta nel giardino settentrionale.

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