Allevamento e consumo del pesce antica Roma

Allevamento e consumo del pesce antica Roma
Allevamento e consumo del pesce antica Roma

Allevamento e consumo del pesce a Roma

 

L’utilizzo alimentare di pesci,molluschi e crostacei affonda le sue origini nella notte dei tempi per il loro elevato potere nutritivo e il facile utilizzo,inoltre ben presto ne vennero apprezzate anche le eccellenti caratteristiche organolettiche e le differenze di pregio tra una specie e l’altra.

Nell’antica Roma i pesci erano sempre stati una parte importante dell’alimentazione, venivano consumati da tutto il popolo e con le uova e i formaggi apportavano proteine animali tra le classi sociali più povere. Nella Roma delle origini l’alimentazione era quasi la stessa per tutte le classi sociali ma, quando Roma divenne la capitale di un impero immenso e l’unica padrona del Mediterraneo, l’afflusso di enormi quantità di prodotti sui mercati romani creò le premesse per un cambiamento di usi e abitudini anche alimentari. Nell’impero romano tra il I e il III secolo d. C. l’allevamento dei pesci si rese indispensabile quando la raffinatezza gastronomica delle mense dei patrizi che imponeva l’utilizzo dei pesci più pregiati portò ad un notevole impoverimento dei banchi selvatici di pesce.

La pratica dell’acquacoltura era però iniziata molto prima di quest’epoca; infatti in Campania, a Baia, già nel 108 a. C. Sergio Orata aveva creato i primi allevamenti di ostriche e in seguito i Romani popolarono di pesci non solo le piscine artificiali ma anche laghi naturali e così il Velino, il Sabotino, il lago di Bolsena ed il Cimino ospitarono spigole, orate e tutte le altre razze di pesci che tollerano l’acqua di lago. Allevamento e consumo del pesce antica Roma

Secondo Plinio il Vecchio il primo allevatore di murene fu Caio Irro che, in occasione dei trionfi di Cesare, mise a disposizione 6.000 murene. Licinio Murena fece scavare molte piscine per l’allevamento dei pesci e il suo esempio fu seguito da Filippo, Ortensio e Lucullo che fece addirittura scavare un tunnel in una montagna per mettere i suoi vivaria (allevamenti) in diretta comunicazione con il mare. Il pesce veniva allevato dai ricchi patrizi perchè, oltre a simboleggiare uno status simbol, difficilmente poteva essere acquistato fresco nei mercati romani; se ne trovava, certo, ma spesso veniva pescato nelle lontane aree marine di Gibilterra e fatto essiccare. Di sicuro gli approvvigionamenti non riuscivano a coprire i bisogni della capitale, i pescatori erano pochi e le barche da pesca erano in genere di ridotte dimensioni; pare anche che il prodotto non fosse sempre di buona qualità dato il tempo occorrente per risalire il Tevere ed infatti documenti storici riportano che il pescato era mantenuto umido usando alghe bagnate di frequente in modo che non si seccasse. Era inevitabile quindi che il pesce, a partire dal I sec. a. C. divenisse l’alimento dei ricchi e di chi era in grado di permettersi lunghe permanenze nelle lussuose ville costiere. Si parla ovviamente di pesce marino perchè quello d’acqua dolce era apprezzato ed usato dalle classi povere.

I Romani costruirono lungo le coste moltissimi impianti come porti, stagni marittimi, peschiere e cave ed allevarono murene, orate, anguille, triglie e persino lo scaro (pesce pappagallo) portato in enormi quantità dall’ammiraglio Optano. Le piscine di acqua salata erano simbolo di ricchezza, erano costose da costruire, mantenere e gestire e non erano utilizzate per guadagnare. Varrone riferisce che Lucio Locullo fece addirittura perforare un’altura in modo tale che l’acqua di mare potesse fluire nelle sue piscine da due diversi lati e fece progettare un tunnel sotto il livello del mare con tanto di diga per far fluire due volte al giorno, grazie alle maree, l’acqua di mare nelle sue piscine.

Gli stagni marittimi erano invece strutture più semplici e remunerative, erano usate per allevare e vendere il pesce nei mercati locali e per integrare la dieta dei piccoli possidenti. Gli stagni marittimi sorgevano in aree marittime poco fertili del Lazio, della Campania e di alcune isole dell’arcipelago toscano. Questi stagni erano spesso costruiti sulla spiaggia con muratura di tipo Segni (impasto di calce e cocciopesto di origine cartaginese usato per la prima volta da un cittadino di nome Segni). Columella (I se. d. C.) dice che “Lo stagno marittimo veramente ideale è quello disposto in modo tale che ogni successiva onda del mare scacci la precedente e non lasci che l’onda vecchia rimanga entro il chiuso”; ancora, dice che “sette piedi d’acqua (2 metri) sono più che sufficienti per i pesci. Se lo stagno è allo stesso livello del mare si scava di più, fino a 9 piedi (2,70 metri) e a due piedi (60 cm.) dalla superficie si costruisce, per mezzo di cunicoli,delle cascatelle d’acqua per far sì che l’onda arrivi con grandissima abbondanza”. Columella descrive anche le piscine per pesci come sogliole e rombi: “La piscina deve essere profonda circa 2 piedi (60 cm.) in un punto della spiaggia che non rimanga mai scoperto neanche durante la bassa marea. Sui margini si dispongano dei paletti molto fitti che sporgano sempre dal livello dell’acqua…..poi si gettano e si dispongano in cerchio dei massi in modo tale da abbracciare per un giro l’intera piscina….così si rompe la furia del mare. Il pesce, stando in uno specchio d’acqua tranquillo, è indisturbato nel suo riposo né il vivaio si riempie così di materiali che il mare getta a riva durante le tempeste violente.”

I Romani apprezzavano talmente il pesce che alcuni presero addirittura il nome dalla specie che preferivano così “i Licinii furono chiamati Murena allo stesso modo che Sergio Orata ebbe tale soprannome perchè era ghiottissimo del pesce che ha nome orata. Si tratta di colui che fu il primo a fare allevamenti di ostriche a Baia” (Macrobio IV-V sec. d. C.). Una curiosità: i pesci ed i molluschi servivano anche a curare le più diverse malattie così con la cenere dei murici si curava la parotite, con il fegato dei delfini la malaria e perfino il garum, la nota salsa di pesce amata dai Romani ed ottenuta dalla fermentazione e dal filtraggio di varie parti dei pesci, era considerato un medicamento utile per guarire le ustioni, le ulcere, i morsi dei cani e soprattutto quelli dei coccodrilli, la dissenteria, i dolori delle orecchie e la scabbia degli ovini. All’epoca di Lucullo si era affermata l’idea che se qualcosa era buona doveva essere anche cara e, dato che le cose buone venivano in genere da lontano, si era imposto il luogo comune che un cibo doveva essere tanto più gustoso quanto più esotico fosse stato il suo luogo di origine. Così un anonimo cronista ci narra che la richiesta dei nobili Romani di poter disporre di pesci e frutti di mare quanto più freschi possibile portò chi commerciava in prodotti ittici a dover affrontare diverse problematiche risolte con la realizzazione di particolari imbarcazioni equipaggiate con speciali vasche per il continuo ricambio di acqua. Il salmone del Reno, ovunque apprezzato, veniva trasportato lungo le strade della Germania in speciali carri cisterne rinnovando l’acqua ad ogni stazione di posta.

Il massimo di queste realizzazioni era rappresentato da una costruzione edificata durante il periodo imperiale all’interno del mercato all’ingrosso: al 5° piano si trovava una gigantesca vasca per pesci che poteva essere rifornita di acqua dolce o di mare mediante appositi acquedotti. Questo enorme complesso era situato al centro della città nelle adiacenze del Foro dell’imperatore Traiano; si trattava dell’edificio più imponente di tutta la zona e può ben essere considerato il simbolo dell’importanza che Roma attribuiva al cibo.

Qualche ricetta

Pasticcio di spigola

Ingredienti per 4: spigola gr.800, cumino, prezzemolo, succo di limone, garum, 2 cipolle tritate fini, 1 cucchiaio di miele, vino bianco secco, olio,pepe.

Lessare la spigola, fare una salsa col cumino,prezzemolo, succo di limone, cipolle, miele, garum vino e olio il tutto amalgamato a freddo e servire.

Pesce al forno (rombi, saraghi e simili)

Pesce al forno (rombi, saraghi e simili)
Pesce al forno (rombi, saraghi e simili)

Farcire i pesci puliti con un impasto di pan grattato, formaggio ed olio, mettere in una teglia unta con sale e pepe infornare e servire spolverizzati con cumino.

 

Giulia Gallo