la Villa “B” di Lucius Cassius Tertius

La villa B di Oplontis

OplontisPageFt_384x230_62Nel 1974, durante i lavori per la costruzione di una palestra presso la scuola media Parini, vennero alla luce strutture archeologiche distanti circa 300 metri dalla villa cosiddetta di Poppea. Da allora la villa rustica venuta alla luce è conosciuta come la “Villa B”. E’ da dire che, poiché all’interno è stato trovato un anello con sigillo recante il nome Lucius Cassius Tertius (forse il suo proprietario), dovrebbe esser chiamata la Villa di Lucius Cassius Tertius. Questa villa era su due piani, al piano terra c’era l’attività produttiva che doveva consistere nella vendita e nel trasporto di vino, olio, garum e derrate alimentari. Ciò è provato dal ritrovamento, all’interno dei colonnati che circondano tutti i lati del peristilio, di centinaia di anfore capovolte, in file verticali parallele in modo che la bocca dell’anfora superiore fosse infilata nel piede di quella inferiore al fine di evitarne la caduta e col susseguente utilizzo ottimale dello spazio. Su rozzi fornelli di pietra sono stati trovati dei pentolini (olle) con all’interno resti di oleoresina di conifere che veniva usata per impermeabilizzare l’interno dei contenitori. Gli ambienti che si affacciano sul cortile dovevano essere adibiti al lavoro poiché non sono state trovate tracce di affreschi parietali o mosaici pavimentali mentre il piano superiore era l’abitazione del proprietario o gestore dell’attività. Al piano superiore si trovava l’unico oggetto di arredo che è stato possibile recuperare poiché, come molto spesso è successo, di altre suppellettili come letti, tavoli, sedie, armadi, tavoli, non è rimasta traccia del legno di cui erano fatte. Si tratta di una bellissima cassa blindata munita di un sofisticato procedimento di apertura e ornata di pregevoli metope in bronzo. La villa B ci dà un’idea di come dovesse svolgersi la vita in un’attività commerciale, idea che è rafforzata dalla visione, nella pietra d’ingresso al cortile, delle tracce impresse dalle ruote degli antichi carri, dalle anfore accatastate in un angolo in attesa di essere impermeabilizzate per un nuovo uso e dal fatto che è inserita in un”’insula” affacciata su una strada sulla quale si aprono alcuni ambienti, in apparenza botteghe, prive di collegamento con la villa e dotate di una piccola abitazione al piano superiore. In uno di questi ambienti è stato trovato un gruppo di scheletri, forse persone che cercavano rifugio per sfuggire all’eruzione e si erano riunite tutte in un’unica stanza. Tra i vari oggetti personali trovati su questi scheletri, su uno sono stati ritrovati i famosi “Ori di Oplonti”, collane, bracciali, anelli, orecchini in oro e monete in oro, argento e bronzo. Questi scheletri sono stati anche oggetto di approfonditi studi medici per cercare di conoscerne l’età, il sesso e lo stato di salute.

In questi locali che si affacciano sulla strada è stata trovata anche una grande quantità di frutti di melograno carbonizzati su stuoie di paglia intrecciata (circa 10 quintali), frutta secca come noci e nocciole, tanta erba carbonizzata di cui sono state identificate più di 100 varietà.